La distinzione tra contesto comunicativo e contesto linguistico è necessaria per evitare di ridurre la comunicazione al solo atto linguistico.
La lingua, per quanto mezzo di comunicazione privilegiato perché capace di generare un numero potenzialmente infinito di segni da un numero decisamente ristretto di unità base, non esaurisce infatti la dimensione comunicativa, assai più complessa.
A quanto compreso nella componente linguistica (e psicolinguistica) occorre integrare, per poter cogliere il carattere composito della comunicazione, quanto proprio delle componenti pragmatica, performativa, testuale, psicosociale, sociolinguistica e situazionale, insieme eterogeneo di fattori coagenti col sistema linguistico sui quali il parlante è in grado di esercitare la propria competenza.
All’insieme di competenze relative a ciascuno dei citati componenti ci si riferisce con la terminologia competenza comunicativa, intendendo con ciò un «insieme di precondizioni, conoscenze e regole che rendono possibile e attuabile per ogni individuo il significare e il comunicare» ma anche, altresì, la «capacità di apprendere e usare il linguaggio in termini di “appropriatezza ai contesti d’uso”» (E. Zuanelli Sonino, La competenza comunicativa, Boringhieri, Torino 1981, pp. 7 e 27).
È evidente, perciò, come la componente linguistica e la relativa competenza, concernente le regole che il codice di una determinata lingua stabilisce tra i suoi segni e i significati dei segni stessi, non costituiscano che il primo livello di lettura di un testo, da integrare con una serie di rinvii sia interni al testo che extra-linguistici.